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Correlazioni in Medicina



Fibrillazione atriale: nuovi anticoagulanti orali


In considerazione della scarsa maneggevolezza del Warfarin ( ampia variabilità dose-risposta, farmacodinamica età-dipendente, interazioni farmacologiche multiple, ampie fluttuazioni dell’INR ), negli ultimi anni sono stati studiati nei pazienti con fibrillazione atriale altri farmaci anticoagulanti orali, quali Dabigatran ( inibitore diretto orale della trombina ), Rivaroxaban, Apixaban ed Edoxaban ( inibitori diretti orali del fattore X attivato ), che non necessitano di monitoraggio dell’INR.

Nello studio RE-LY2 sono stati arruolati oltre 18000 soggetti con fibrillazione atriale non-valvolare, trattati con Dabigatran 110 mg o 150 mg in duplice somministrazione giornaliera.
Lo studio costituisce la prima dimostrazione di un’alternativa efficace, sicura e maneggevole, avendo documentato la non-inferiorità del Dabigatran 110 mg rispetto al Warfarin con un’incidenza più bassa di emorragie maggiori e la superiorità di Dabigatran 150 mg rispetto al Warfarin con una incidenza sovrapponibile di emorragie maggiori.

L’efficacia di Rivaroxaban nella fibrillazione atriale è stata valutata nello studio di fase III ROCKET AF nel quale più di 14000 pazienti con fibrillazione atriale sono stati randomizzati a ricevere Rivaroxaban 20 mg/die ( ridotto a 15 mg/die nei pazienti con insufficienza renale di grado moderato, ovvero con CrCl 30-49 ml/min ), oppure Warfarin.
I pazienti con fibrillazione atriale inclusi nello studio ROCKET AF erano caratterizzati da un profilo di rischio tromboembolico maggiore rispetto a quelli dello studio RE-LY ( CHADS2 score maggiore o uguale a 3 nell’87 vs 32% nel RE-LY e pregresso ictus o TIA [ attacco ischemico transitorio ] nel 55 vs 20% nel RE-LY ).
Nell’analisi intention-to-treat Rivaroxaban è risultato non-inferiore rispetto al Warfarin nella riduzione di ictus ed embolie sistemiche, con un numero di eventi emorragici sovrapponibile a quello del Warfarin.
Analogamente al Dabigatran, l’impiego di Rivaroxaban è risultato associato a una significativa riduzione dei sanguinamenti fatali e cerebrali.

Apixaban è stato dapprima confrontato con l’Aspirina [ Acido Acetilsalicilico ] nello studio AVERROES in 5599 pazienti non-eleggibili alla TAO con Warfarin.
Lo studio è stato prematuramente interrotto per l’evidenza di superiorità di Apixaban al dosaggio di 5 mg bid nella riduzione degli eventi tromboembolici rispetto all’Aspirina a vari dosaggi ( 81-324 mg/die ) con un tasso di emorragie maggiori ed in particolare intracraniche sovrapponibile nei due gruppi di pazienti ( 1.4 vs 1.2% per anno ).
Nello studio di fase III ARISTOTLE Apixaban è stato confrontato al dosaggio di 5 mg bid con il Warfarin nei pazienti con fibrillazione atriale e con un fattore di rischio per l’ictus ischemico. Nei pazienti ad elevato rischio emorragico ( ovvero in presenza di due o tre dei seguenti criteri: età maggiore o uguale a 80 anni, peso inferiore o uguale a 60 kg, creatinina maggiore o uguale a 1.5 mg ), il nuovo anticoagulante orale veniva testato ad un dosaggio ridotto ( 2.5 mg bid ). Apixaban è risultato superiore rispetto al Warfarin nella riduzione di incidenza di ictus e di embolie sistemiche.
Tale superiorità è stata documentata anche per l’endpoint di sicurezza con una riduzione statisticamente significativa delle emorragie maggiori e delle emorragie cerebrali.

È ancora in corso lo studio di fase III ENGAGE AF-TIMI 48, in cui l’Edoxaban in due differenti dosaggi, rispettivamente 30 e 60 mg/die, viene confrontato con il Warfarin con l’obiettivo di dimostrarne la non-inferiorità.
Nello studio sono stati arruolati 20500 pazienti con fibrillazione atriale ad elevato rischio tromboembolico ( CHADS2 score maggiore o uguale a 2 ).

Un confronto diretto tra i nuovi anticoagulanti orali non è possibile in considerazione delle differenze farmacocinetiche e farmacodinamiche delle diverse molecole, nonché del disegno dei vari studi.
Attualmente sono state pubblicate numerose meta-analisi che dimostrano il beneficio clinico netto dei nuovi anticoagulanti orali, data la sostanziale non-inferiorità rispetto al Warfarin nella riduzione del rischio tromboembolico dei pazienti con fibrillazione atriale e l’ottimo profilo di sicurezza con riduzione delle emorragie maggiori, ed in particolare di quelle intracraniche.

A) Nei pazienti Warfarin-naïve i nuovi anticoagulanti orali sono da preferire al Warfarin in presenza di: difficoltà logistiche nell’effettuare il monitoraggio della TAO; pregresso ictus ischemico; pregressa emorragia intracranica; giovane età; paziente candidato a cardioversione elettrica.

B) Nei pazienti Warfarin-experienced è proponibile lo switch ai nuovi anticoagulanti orali in caso di: difficoltà logistiche nell’effettuare il monitoraggio della TAO; labilità dell’INR; impiego giornaliero di basse dosi di Warfarin ( 8-10 mg/settimana ); pregressa emorragia maggiore ( escluse le emorragie gastrointestinali ); qualità subottimale della TAO ( tempo trascorso all’interno del range terapeutico inferiore a 60% ); impiego a lungo termine di farmaci interferenti con il Warfarin e non-interferenti con i nuovi anticoagulanti orali; pregressa emorragia cerebrale in corso di terapia con Warfarin con INR in range terapeutico; pregresso ictus / TIA in corso di terapia con Warfarin con INR in range terapeutico.

Nonostante i vantaggi di impiego dei nuovi anticoagulanti orali ( dose fissa giornaliera, non necessità di monitoraggio dell’anticoagulazione, minime interazioni farmacologiche e assenza di interazioni alimentari), attualmente ne rimangono da definire la possibilità di dosare l’attività anticoagulante in caso di eventi emorragici o trombotici, la gestione dei sanguinamenti data la mancanza di un antidoto e la valutazione della aderenza del paziente alla terapia ( Heidebuchel H, dati non pubblicati ).
Per l’introduzione sicura dei nuovi farmaci anticoagulanti orali nella pratica clinica quotidiana è necessaria l’implementazione di un sistema di sorveglianza dei nuovi trattamenti. In particolare si rendono necessari: a) colloquio informativo con il paziente all’inizio della terapia; b) controlli periodici ( ogni 3-4 mesi ) per verificare tolleranza e compliance e per la registrazione degli eventi emorragici anche minori; c) controlli periodici della funzionalità renale. ( Xagena2013 )

Fonte: Linee guida AIAC per la gestione e il trattamento della fibrillazione atriale. Aggiornamento 2013

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